
Salito alla ribalta oltre che per la qualità e i premi vinti anche per l'uscita quasi in concomitanza, attualizzandolo, con l'operazione israeliana piombo fuso a Gaza, ma come ha affermato il regista in un intervista, con molta probabilità sarebbe stato attuale in qualunque momento vista la testa dei governanti della zona.
Un film che non è, e credo non voglia nemmeno essere, una ricostruzione analitica e documentaristica di quei giorni culminati con le stragi di Sabra e Chatila, ma il cammino nella ricostruzione nei ricordi di giovani ventenni che si sono trovati loro malgrado circondati dalla guerra.
un cammino che si rivela esperienza psichedelica e coinvolgente, nella quale i ricordi dei protagonisti sono un continuo mescolare di esperienze vissute, sogni e immaginario collettivo, come il ricordo dell'attesa sulla spiaggia con il richiamo ad "Apocalypse Now" al surf sotto le bombe. Reso il tutto grazie ad un animazione particolare, scarna a prima vista, dettagliata negli sfondi come a infondere loro sostanza e realtà al contrario grezza e volutamente macchinosa per le persone, come se in tutto ci fosse il dubbio del ricordo o del sogno. Sempre accompagnato da una colonna sonora azzeccata e mai invadente, al servizio delle scene e delle parole, fino al silenzio di fondo che lascia spazio alle parole nell'avvicinarsi ai giorni del massacro nei campi reduci, e il giusto silenzio per le ultime immagini d'epoca.
Un film toccante che lascia con l'amaro in bocca e nel cuore, raccontato da una parte sola che non giustifica se non coi sensi di colpa, di giovani ragazzi manipolati da ordini più grandi di loro, che mostra l'orrore e l'idiozia della guerra, da qualunque parte si guardi.
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